“I miei avvocati mi hanno consigliato di patteggiare perché lo hanno fatto Giovanni Toti e Paolo Emilio Signorini. Io però non volevo, assolutamente. Ma se un medico dice che devi prendere la Tachipirina alla fine la prendi. Ma non volevo, che le concessioni sono regolari l’ha dimostrato tutto il mondo. Io ho fatto sempre tutto alla luce del sole”.
Lo ha riferito ieri l’imprenditore portuale Aldo Spinelli, 84 anni, arrestato ai domiciliari lo scorso maggio nella maxi inchiesta per corruzione che ha segnato un terremoto nella politica ligure, in un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano La Repubblica.
“C’erano campagne politiche sue – ha aggiunto Spinelli – campagne politiche del sindaco di Genova, campagne politiche a Savona, e il suo è un partitino. Però all’ultima cena elettorale eravamo in 600 e io sono quello che gli ha dato meno di tutti.
Gli dicevo di stare calmo proprio perché per lui in ogni momento arrivava un’elezione. Ma non c’era niente di particolare, ci conoscevamo e basta, in nove anni siamo diventati amici.
Pensi che dovevo essere io il candidato del centrodestra nove anni fa. Ho detto no, poi è venuto fuori Toti. E allora io ho dato i soldi sia a lui che a Raffaella Paita (all’epoca candidata presidente della Regione Liguria del Pd per il centrosinistra e oggi senatrice spezzina di Italia Viva). Tutto registrato”.
Il sostegno alla campagna elettorale del 2015 per le regionali in Liguria all’ex candidata del Pd per il centrosinistra spunta anche nei verbali della maxi inchiesta su corruzione, ma Raffaella Paita non risulta indagata dai pm genovesi.
“Signorini, un amico, non fece nulla per me. Doveva essere un’amicizia più ‘normale’, ma lui non ha fatto assolutamente niente per aiutarmi. Anzi, la questione della concessione del terminal Rinfuse l’ha risolta una telefonata di Gianluigi Aponte” ha sottolineato Aldo Spinelli.