La legge di bilancio del 2017, si replica anche per il 2018, ha istituito dal 1° gennaio 2018 un contributo economico di 800 euro che può essere richiesto dalla futura mamma quando è compiuto il settimo mese di gravidanza o al momento dell’adozione del minore.
L’Inps nel diramare le circolari applicative e nel predisporre la procedura telematica ha previsto che il contributo dovesse essere riservato alle sole madri residenti in Italia e che avessero questi requisiti: cittadine italiane, cittadine comunitarie, cittadine non comunitarie in possesso dello status di rifugiato politico e protezione sussidiaria cittadine non comunitarie, ma solo se in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, cittadine non comunitarie in possesso di una delle carte di soggiorno per familiari di cittadini UE previste dal Dlgs n. 30/2007.
Rimanevano escluse le cittadine non comunitarie titolari di un ordinario permesso di soggiorno. Questo atteggiamento dell’INPS è stato dichiarato illegittimo dal Tribunale di Milano, perché discriminatorio sul piano del diritto comunitario e contrario al diritto interno.
Con una semplice circolare l’Ente non può sostituirsi al legislatore introducendo requisiti molto più stringenti. Il Giudice ha così ordinato all’Inps di eliminare la condotta discriminatoria attraverso l’estensione del “premio alla nascita” a tutte le future madri regolarmente presenti in Italia che si trovino nelle condizioni di legge.
L’INPS ha interessato i Ministeri vigilanti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri e sta predisponendo i necessari interventi sulle procedure telematiche. Ricordiamo che presso gli sportelli del Patronato Acli è possibile inoltrare le domanda di “premio alla nascita”. ABov