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Successo a Brescia per la mostra dedicata a Paolo Scheggi

Al Museo Diocesano fino al 18 maggio

Paolo Scheggi e Franca Scheggi Dall'Acqua (Foto Ugo Mulas)

 Brescia. Sta ottenendo un grande successo di pubblico e di critica la bellissima mostra “Paolo Scheggi – L’Apocalisse, la morte, il sacro” che si sta svolgendo al Museo diocesano di Brescia e che resterà aperta fino al 18 maggio. Paolo Scheggi (1940-1971) punta di diamante dell’Avanguardia spazialista degli anni Sessanta viene qui omaggiato soprattutto sotto l’aspetto del ricercatore instancabile attraverso la geometria delle illuminazioni contenute nei testi sacri: fonte di grande ispirazione per il grande artista prematuramente scomparso il 26 giugno 1971 a soli trent’anni. La mostra, che è curata da Ilaria Bignotti, in collaborazione con l’Associazione Paolo Scheggi di Milano, offre un percorso che ci permette di leggere in filigrana l’iter spirituale dell’autore, a partire dall’infanzia a Settignano quando il padre, profondamente cattolico e legato alla Compagnia della Misericordia, lo avviò allo studio dei testi sacri che Scheggi, divenuto artista, sviluppò in svariati momenti della sua incessante ricerca profetica e creativa. Sono in mostra alcuni studi e disegni progettuali inediti, realizzati negli ultimi anni di vita dell’artista, e stupende fotografie di Ugo Mulas ed Ada Ardessi che colgono l’artista e la moglie Franca Scheggi Dall’Acqua in momenti importanti della loro vita. Notevole “L’Apocalisse” che viene proposta così come avrebbe dovuto essere realizzata a Venezia, in piazza San Marco, in occasione della Biennale d’Arte del 1970. Se Scheggi è ancora oggi un artista affermato  e famoso lo è soprattutto grazie al lavoro instancabile fatto proprio dalla moglie, anche lei valida artista, Franca Scheggi Dall’Acqua (1941-2020), pronta a sostenere la memoria del marito e da Ilaria Bignotti, storica dell’arte, che ha avuto un ruolo fondamentale nello studio del Maestro della Visual Art e dell’ Avanguardia Spazialista, grazie al suo impegno nella cura e conservazione dell’archivio Scheggi, voluto dalla moglie Franca e dalla figlia Cosima Scheggi.  Scheggi è stato uno dei protagonisti della neo-avanguardia artistica italiana degli anni Sessanta, in direzione spazialista e monocroma. Dal 1961 a Milano stringe amicizie e collaborazioni con gli artisti più noti del periodo: da Lucio Fontana che diventa suo mentore, ad Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Gianni Colombo ed Alberto Biasi. Le sue Intersuperfici, opere formate da tre tele sovrapposte e monocrome solcate da aperture irregolari ed ellittiche o perfettamente circolari, sono la matrice di una ricerca pluridisciplinare e unica nel suo genere, che in soli dieci anni attraversa tutti i linguaggi, dalla pittura all’architettura, dalla moda al design, dalla poesia al teatro, e che viene analizzata dai critici più importanti dell’epoca, da Germano Celant a Carlo Belloli. Nel 1966 è il più giovane artista invitato alla XXXIII Biennale di Venezia, è a Parigi al XXI Salon des Réalités Nouvelles, Section Constructiviste, alla Kunsthalle di Bern nella mostra Weiss auf Weiss e a New York, alla Roland Gibson Art Foundation, in Italian Abstract Art.
Nel 1967 rappresenta l’Italia alla Cinquième Biennale de Paris. Manifestation biennale et internationale des jeunes artistes e alla Exposition International de Beaux-Arts de Montréal. A partire dal 1968
la sua indagine si rivolge agli spazi urbani affrontando i temi dei riti collettivi e anticipando la Performance Art. Quindi si rivolge alla ricerca concettuale e radicale, spesso in dialogo anche con Vincenzo Agnetti.

Claudio Almanzi