Ancora un suicidio in un carcere, questa volta nella Casa circondariale di Imperia. A denunciarlo è il sindacato Sappe.
Michele Scarlata, 65 anni, originario di Villalba, in provincia di Caltanissetta era stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio nei confronti della moglie 57enne.
A Pietra Ligure il 65enne aveva aggredito la moglie, colpendola più volte alla testa con una chiave a cricchetto.
L’uomo si sarebbe impiccato all’interno del carcere. A nulla sarebbe valso l’intervento degli agenti e del 118.
“Siamo costernati ed affranti. Un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”, denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria – Sappe.
“L’uomo suicida, sessantacinquenne siciliano associato a Imperia a seguito di un’accusa di tentato omicidio nei confronti della sua compagna, in attesa di primo giudizio, si è impiccato in cella. Decidere di uccidersi è una scelta che ha sconvolto tutti, operatori ed altri ristretti”.
Per Capece, “Chiunque, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica ed istituzionale, dovrebbe andare in carcere a Imperia a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del Sappe e di tutto il Corpo ma dell’intera Nazione. L’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono: è il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. È fondamentale dare corso a riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale, a cominciare dall’espulsione dei detenuti stranieri, specie quelli – e sono sempre di più – che, ristretti in carceri italiani, si rendono protagonisti di eventi critici e di violenza durante la detenzione”. “A tutto questo si aggiunga la gravissima carenza di poliziotti penitenziari. Come si fa a lavorare così?”, conclude, amareggiato, Capece.