Lo scorso 2 dicembre una tartaruga Caretta caretta di 32 chili di peso è stata soccorsa e trasferita all’Acquario di Genova dai Piloti del porto di Genova in servizio presso il bacino di Voltri-Prà.
L’animale è stato individuato dall’equipaggio della pilotina di servizio nelle acque portuali in evidente stato di difficoltà, in quanto, la testa e parte del corpo erano avvolte in una rete fantasma e altro materiale in essa intrappolato, tra cui bottiglie di plastica, che le hanno creato una profonda lacerazione al collo.
Inoltre, si presentava senza la pinna anteriore destra, amputata probabilmente per un evento traumatico di origine antropica causato dallo scontro con l’elica di un’imbarcazione o dalla rete stessa che le ha fatto da laccio lacerando i tessuti.
Il recupero e il trasporto all’Acquario di Genova sono stati effettuati dall’equipaggio della pilotina, autorizzato dalla Guardia Costiera.
Lo staff medico-scientifico dell’Acquario di Genova ha preso in cura l’esemplare ed ha effettuato tutti i controlli e gli esami diagnostici del caso. Le analisi hanno evidenziato un’infezione in corso. È stata esclusa la presenza di ami o corpi estranei.
Al momento la tartaruga, cui è stato dato il nome Silva in omaggio al “pilotino” Riccardo Da Silva che l’ha soccorsa, è ospitata in una delle vasche curatoriali non visibili al pubblico dedicate all’attività di soccorso.
Lo staff acquariologico e medico veterinario dell’Acquario proseguirà nei prossimi giorni il monitoraggio del suo stato di salute.
“Interveniamo – hanno spiegato dall’Acquario di Genova – sulle tartarughe marine in difficoltà dal 1994. Dal 2009 siamo referenti istituzionale di Regione Liguria per il recupero delle Caretta caretta (accordo Stato-Regioni).
Nel 2017 abbiamo ricevuto, insieme all’Acquario di Livorno, anch’esso gestito da Costa Edutainment, il riconoscimento nazionale come centro di recupero e lunga degenza delle tartarughe marine dal Ministero della transizione ecologica.
Questa attività è svolta in accordo con i Carabinieri Servizio CITES, che coordinano a livello nazionale l’applicazione della Convenzione di Washington che tutela questi animali, e in collaborazione con la Guardia Costiera, nell’ambito delle attività previste dal Protocollo d’intesa vigente tra la Direzione Marittima e l’Acquario che ha l’obiettivo di definire e gestire i principi di intervento in caso di segnalazione, avvistamento o ritrovamento di esemplari di fauna marina feriti o in difficoltà, oltre che nel comune intento di rilanciare, in ogni favorevole occasione, un messaggio di massima sensibilità ambientale per stimolare l’utente del mare ad un radicale cambiamento culturale proteso al massimo rispetto dell’ambiente marino.
Diverse sono le cause che portano al ricovero degli animali. Tra le principali: interferenze con le attività di pesca, principalmente dovute ai palamiti (è frequente la presenza di ami nella cavità boccale o nel tratto digerente, spesso evidenziato dal filo di nylon che fuoriesce ai margini della bocca) o alle reti (possono causare ferite, mutilazioni e, nel peggiore dei casi, il soffocamento degli animali); ingestione di corpi estranei, quali ad esempio sacchetti di plastica scambiati per meduse che fanno parte della dieta naturale di questi rettili; impatto con imbarcazioni a motore, che arrecano traumi e ferite sul carapace o sul capo, a volte letali; patologie debilitanti che provocano lo spiaggiamento dell’animale; sversamenti o presenza di petrolio”.