Fino al 12 ottobre è possibile assistere ad “Elena” al Teatro della Corte, ora denominato solo “Ivo Chiesa”.
Spettacolo affascinante e grandioso, nonché impegnativo per i bravi attori, che recitano letteralmente con le estremità nell’acqua.
Spettacolo che sarebbe il caso di non perdere, anche per chi non è attratto particolarmente dai testi antichi, solo per la grandiosità della scenografia; il palcoscenico è trasformato in uno specchio d’acqua, in cui si muovono i protagonisti, sovrastato da un video orizzontale in cui si alternano visioni inquietanti di un mare in tempesta e, a tratti, volti umani che paiono scavati dal tempo, dall’ansia e dalla sofferenza.
Imperdibile il fascino e l’effetto scenico dei barconi/macchinari lignei lentamente trainati dagli attori sull’acqua.
Un coro itinerante di figure che paiono uscite da una rappresentazione dell’Ade (o da una mitica illustrazione della Divina Commedia di Gustavo Dorè) incrementa la suggestione dell’insieme.
Con Euripide, terzo dei grandi tragediografi greci, il coro va perdendo la sua forma rituale e drammatica e tende a trasformarsi in un intermezzo lirico, estraneo alla diretta partecipazione allo svolgimento del dramma: l’avvio verso l’attuale trattenimento musicale e/o danzante del teatro moderno.
Il filo conduttore dello spettacolo è una rivisitazione delle cause della guerra di Troia. Per un dispetto degli dei, a Paride non sarebbe stata consegnata Elena ma un fantasma con le sue fattezze: la vera e tanto vituperata Elena è presentata come una donna sensibile, preoccupata per le conseguenze della guerra e del destino della sua famiglia.
E soprattutto una sposa fedelissima, che non esita ad escogitare un sofisticato inganno contro un re, nuovo prestigioso pretendente, per riunirsi allo sposo da sempre amato, Menelao.
Euripide aveva fissato la sua attenzione sulla psicologia dell’uomo, sul sesso come origine del male, (Ippolito), sulla disumanità della guerra (Ifigenia in Aulide), sugli ingannevoli e futili motivi della stessa, come succede appunto in Elena.
La visione di Euripide di una società che non gli piace è vicina non alla tragedia ma alla prosa, alla realtà comune: non rappresenta il credere e il temere gli dei secondo una religione grossolana e volgare ma la comprensione e l’ osservazione dei comportamenti umani.
“Divinazione è buon senso” si afferma nel corso dell’azione: quanta vicinanza al moderno “Il miglior modo di prevedere il futuro è crearselo”…
Unico appunto alla regia: la recitazione inutilmente urlata, tipica di un andamento ormai da anni imitato anche dal cinema. Elisa Prato