Fino a domenica 11 febbraio è in scena al Teatro Ivo Chiesa, finalmente tornato operante dopo i lavori di ristrutturazione, “Fantozzi. Una tragedia.”
Prendendo spunto dai primi tre libri di Paolo Villaggio, notissimo al pubblico più come interprete dei film sull’impiegato più famoso d’Italia che come scrittore, si propone uno spettacolo di una comicità incisiva e grottesca, centrata sull’eccezionale bravura degli interpreti della maschera fantozziana e dell’entourage lavorativo e familiare che lo circonda.
Lo spettacolo si apre con un tendone che raffigura la famosa Bianchina, l’auto di Fantozzi di cui gli spettatori possono ammirare il modello originale situato nel foyer all’ingresso del teatro.
L’allestimento si fonda su una scenografia di scarsi elementi visivi e tutta impostata sui suoni che ricreano le ambientazioni e perfino l’auto del nostro personaggio.
Da sottolineare l’eccezionale capacità degli attori che riescono a ricostruire l’universo fantozziano anche come “rumoristi”, oltre che con una stupefacente intercambiabilità, entrando ed uscendo come per gioco dai propri personaggi.
Un plauso alla signorina Silvani, spassosamente somigliante al personaggio cinematografico, interpretata da un uomo, l’attore Lorenzo Fontana.
Artisti che, a cominciare dal Fantozzi-Fantoni, non imitano ma interpretano, con una intensa esplorazione di situazioni e sentimenti.
Con spazio aperto ad un linguaggio caratterizzato dai famosi congiuntivi errati; per non parlare di quel celeberrimo “porcaputtana” (come lo dice lui non lo dice nessuno, non sembra neppure volgare), sputato fuori dal rag. Ugo nei suoi rigurgiti di sacrosanta ribellione contro l’ennesima sopraffazione: resiste, lotta, mai del tutto soccombente, pur consapevole del proprio destino immutabile di vittima predestinata.
E sul palco rivivono le note vicende rese famose dai cinema, Fantozzi collega invisibile e servizievole, tennista sprovveduto, campeggiatore incidentato: esilarante e surreale la partita a biliardo giocata con le palle umane contro il geometra Calboni, “rivale” in amore, dalla quale esce sorprendentemente vincitore con cinquantun punti contro quarantanove… Indimenticabile la complicità simbiotica con gli spettatori che proclamano in una sola voce con il protagonista che la corazzata Potemkim “è una cagata pazzesca”!!!!
Il secondo atto esplora i rapporti tra Fantozzi e le donne: laddove il timido impiegato veste, sempre in chiave caricaturale, i panni dell’italiano medio.
Beh, se sposi un animale domestico, tollerato a fatica, detestato perchè sottomesso, dopo un po’ ti ci vuole un’altra donna, magari intravista in una piccante, ipocrita, esagitata signorina Silvani.
Senza però farsi mancare scene di possessiva gelosia quando la supremazia di padrone di casa viene intaccata dal confessato amore platonico della consorte per un giovanotto nerboruto e volgarotto.
Fantozzi è veramente l’uomo dei tempi remoti in cui il lavoro era terribile ma sicuro, ferie e pensione sicure, la sottomissione finalizzata al conseguimento del benessere che comprime l’individuo? Mah, per la verità l’apparenza attuale è quella di uomini e donne con meno sicurezze sul lavoro e nella vita privata, ma ugualmente “compressi”, incapaci però quasi sempre di reazioni costruttive, abbagliati come sono dai colori del web e dalle pseudoamicizie dei social.
Uno spettacolo da vedere, quasi tre ore che scorrono veloci, in scena fino a domenica 11 febbraio. ELISA PRATO