Sabato 9 ottobre il Teatro Nazionale ha proposto al suo pubblico una maratona di più di dieci ore, Il mondo che abbiamo, per nove spettacoli in visione integrale, circa 55 minuti ciascuno, di autori internazionali in prima assoluta.
Il proposito è di rivedere i fatti del 2001 e di rapportarli ai primi vent’anni del nuovo millennio, per individuare modelli praticabili di sviluppo futuro.
Si rinnova così per il teatro Nazionale la tradizione del Teatro Documento, per interrogarsi sul senso del vivere insieme e ritrovarne la consapevolezza.
Dopo la prima tranche, fino a domenica 17, il pubblico potrà usufruire di una seconda parte, dal 19 al 27 ottobre, ad orari diversi e precisati sul sito e nelle pubblicazioni, di due spettacoli anche nella stessa sera, sia all’Ivo Chiesa che al Modena.
Per orientamento cerchiamo di esprimere ciò che gli spettacoli da vedere prossimamente ci hanno trasmesso.
TRASCENDANCE di Sabrina Mahfouz. Un lettone bianco a due posti, una coppia di giovanissimi sta facendo “l’amore”, mentre sullo sfondo scorre un elenco di eventi importanti – o ritenuti tali? – dell’ultimo decennio.
Lui è consumatore e preda di ogni genere di droga, estasiato, soddisfatto della sua prestazione, un ciclista del giro d’Italia arrivato primo.
Lei meno soddisfatta (tutto da manuale, ieri come oggi). Serpeggia nella ragazza una solitudine strisciante, mal celata, molto nota al mondo femminile dai tempi della mela e del serpente: ma tenta di farsene una ragione. Si parla di droga, tanta droga che diventa “metafora di un vuoto, di un balbettio d’amore e di lotta”. Nessun riferimento a quei giorni. Il punto fermo è che stanno tutti cercando l’amore. Adesso la bestia c19 ha frantumato tutto? Forse, ma il 2021 non è ancora finito.
CHANGE LE MONDE, TROVE LA GUERRE di Fabrice Murgia. Una donna di matura giovinezza, trentott’anni, in treno dal Belgio verso Genova. All’epoca di anni ne aveva diciotto.
Non porta borsoni o valige, ma porta di peggio, un hard disk e una ferita. Negli occhi ora aperti, ora chiusi di un viso in primo piano il fluire di sensazioni personali, il tentativo di ricordare. Ma i ricordi, dopo essere stata colpita, non fluiscono. Potrebbe ricordare quell’hard disk mai aperto, facile da buttare: non altrettanto facile da eliminare quello interno. Forse un giorno riuscirà ad aprirlo. Si parla tanto della violenza, di tutti i tipi di violenza, per non sentire quello che si ha da dire. Ma è mai stato chiaro, almeno a se stessi?
IL VIGNETO di Toshiro Suzue. Bello, bellissimo, immediato e trascinante, imperdibile per realismo e umanità, per la sapiente lettura dell’animo femminile e delle difficoltà del vivere, spesso non espresse, qualche volta non percepite, delle stesse donne. Sorprendentemente scritto da un uomo.
Quattro giovani donne, di cui due incinte, discutono se sia meglio o no vendere un vigneto in cui lavorano: ce la faranno a portarlo avanti? Intanto le ragazze sviscerano i loro problemi personali e si interrogano sulle proprie scelte passate e presenti, in linea o meno con le proprie tendenze, sulle responsabilità anche di madri che le attendono. E gli uomini dove stanno? E’ possibile un progetto di vita individuale, anche se inserito in una comunità, a vent’anni dal G8? Il messaggio finale è ironico e di speranza.
BASTA! di Wendy MacLeod. Ironico e dissacrente, si ride amaramente di ciò che dovrebbe rattristare. Due poliziotti parlano delle violenze compiute durante il G8, uno con una sorta di orgoglio, l’altro perplesso. Ma bisognava scoraggiare gli anarchici ad essere anarchici. Imperdibile la satira verso e contro i burocrati statali e le loro cattive abitudini istituzionali e…personali, che vorrebbero nascondere i verbali delle violenze e farli finire nel cestino. Ottima la tecnica recitativo-paradossale degli attori, uomini e donne, che non disturba ma aiuta la riflessione.
Finale con pentimento di uno dei cattivi, davvero inaspettato. Elisa Prato