TicTok. Quando si legge la notizia di un ragazzo di ventitré anni che si suicida si resta sgomenti.
E lo si resta ancora di più se questo giovane abbia deciso di compiere il gesto estremo in diretta su uno dei tanti social network.
Quasi come se fosse il capitolo finale di uno show somministrato quotidianamente ai suoi tanti seguaci, quegli oltre centomila follower che lo seguivano nelle sue performance.
Un numero davvero molto alto quello delle persone che si intrattenevano davanti alle riprese di Inquisitor Ghost, il ragazzo appassionato di TikTok e di Cosplay che offriva esibizioni con il suo costume nero ed una maschera da teschio, mutuate da Call of Duty, notissimo gioco che annovera appassionati in tutto il mondo.
E stupisce l’immagine dura e forte del cosplayer in tuta nera e teschio mentre fa roteare la spada laser colorata in stile guerre stellari, scatenando i like ed i commenti dei suoi fedelissimi.
Eppure, dietro questa maschera dura, si vede invece la tenerezza dei balletti mentre la spada laser cade a terra per una mossa maldestra o mentre il terribile fantasma nero accarezza con dolcezza un gatto siamese.
Colpisce il contrasto della rigidità espressa e della fragilità nascosta di questo personaggio multimediale che aveva raggiunto un grande numero di appassionati.
Oltre centomila follower erano pronti ogni giorno, a qualsiasi ora possibile a mettere un cuore o scrivere un commento sull’ultimo contenuto postato in rete.
E colpisce anche il contrasto dell’immagine della giovane bionda, con i capelli corti e gli occhiali sopra ad un sorriso quasi imbarazzato, che sarebbe stata la causa scatenante delle accuse orribili e con esse la terribile decisione di Vincent.
Si, chiamiamolo per nome questo ragazzo che ora non è più tra noi, infatti non è solo morto in diretta il personaggio Inquisitor Ghost, non è finita una fase del gioco ed ora occorre riavviare con una nuova “vita” e ripartire.
Qui purtroppo la “vita” del gioco e la vita reale non ci sono più. Non ci sono più entrambe.
Muore Inquisitor Ghost e muore Vincent. Come se morisse l’Uomo Ragno e Peter Parker oppure Batman e Bruce Wayne.
Ma quelli sono personaggi e interpreti di fantasia, mentre Vincent ed Inquisitor sono due esseri viventi, uno vestito in jeans e felpa al supermercato l’altro invece in costume davanti alla GoPro accesa.
E con loro sparisce nel vuoto della rete anche la solitudine portata forse come un pesante fardello.
Centomila follower virtuali ma anche persone reali eppure nessuno a cui abbia chiesto aiuto in un momento difficile.
Solo lui, davanti alla rete, muta spettatrice della sue performance. Nessun segno, nessun segnale che sia stato colto dal folto pubblico di seguaci? Nulla.
Solo una fine eclatante che ha generato un mare di interesse nuovo attorno al personaggio nero con la maschera da teschio, profili che sbocciano come fiori di campo in primavera, gruppi di sostegno e gruppi di odio che proliferano un po’ ovunque nei vasti meandri della rete. Forse Inquisitor Ghost ha raggiunto oggi la massima popolarità, morendo in diretta.
Oggi, dove non ha la possibilità di goderla, perché ormai è diventato solo un essere virtuale, pura anima che vaga nell’infinito che ha lasciato video che rimbalzano qua e là per la rete.
Ma è possibile tutto questo? E’ reale che si creino virtualmente le condizioni per portare un giovane ad una decisione così drammatica e terribile?
Solo oggi ci domandiamo cosa si sia celato dietro la maschera da teschio, dietro i guanti e la tuta nera davanti alla telecamera.
Una vita spesa e persa per ottenere un consenso che si è rivelato solo virtuale e poi si è trasformato in mortale quando, vere o false che siano, sono emerse accuse nei suoi confronti.
E forse tutti noi dovremmo interrogarci sull’invadenza del virtuale nella nostra vita reale e viceversa, considerando che virtuale ed immateriale non sono impalpabili e privi di senso ma possono generare ricadute importanti sulle vite di ognuno di noi.
La foto privata divulgata, la presa in giro in una chat, la pioggia di commenti degli hater possono essere davvero lesivi della persona.
In tal senso, occorre combattere questa forma di odio e disprezzo ma con le armi della forza e della censura ma con l’educazione e la comprensione da un lato e l’aiuto ed il supporto dall’altro.
Non è affatto un compito facile, non è semplice addentrarsi nei milioni di sfaccettature della rete e dei contesti aggregativi ma è necessario informarsi ed informare per prevenire episodi così gravi ed irreparabili.
Oggi leggiamo che la community di Call of Duty vorrebbe creare una skin, ovvero un costume intitolato ad Inquisitor Ghost da inserire nel gioco come tributo alla sua memoria. Se accadrà davvero, il povero Vincent rimarrà nell’immaginario dei giocatori e dei cosplayer per sempre.
Ma ne è valsa la pena? Noi realmente e virtualmente crediamo di no, siamo muti davanti alla durezza esterna ed alla fragilità interiore di un giovane che nessuno è riuscito a cogliere in tempo.
Occorre davvero riflettere. Le parole ora però servono a poco.
Resta solo l’augurio che il personaggio Inquisitor Ghost e con lui il suo interprete Vincent, possano davvero riposare in pace e che quel gesto estremo generi in tutti noi una riflessione. Roberto Polleri – Pedagogista ANPE