“Questa mattina ho presentato agli uffici della gip (Paola Faggioni, ndr) presso il Tribunale di Genova un’istanza per la revoca degli arresti domiciliari del presidente della giunta regionale Giovanni Toti. L’istanza è stata firmata, oltre che dal sottoscritto, anche dallo stesso Toti, che ne fa propri tutti i contenuti”.
Lo ha annunciato, all’indomani delle elezioni europee, l’avvocato genovese Stefano Savi, difensore del governatore ligure, che dallo scorso 7 maggio è stato messo agli arresti domiciliari nella sua casa di Ameglia per corruzione elettorale.
Se la gip Paola Faggioni accoglierà la richiesta, Toti potrà tornare a governare la Liguria dopo che il consiglio regionale ha respinto, compatto, la mozione di sfiducia delle minoranze.
Se la gip non accoglierà l’istanza, il legale difensore potrà presentare ricorso ai giudici del Tribunale del Riesame e nell’eventualità di un’ulteriore diniego, successivamente, presso la Corte di Cassazione.
“Senza entrare nel merito della vicenda e delle ragioni della misura cautelare – ha spiegato Savi – riteniamo che, in ogni caso, oggi vi siano le condizioni per la revoca della misura, o, in subordine, per una sua attenuazione.
Quanto al rischio di reiterazione del reato, la celebrazione della tornata elettorale supera una delle motivazioni addotte per la misura cautelare. Peraltro, la lista Toti non ha partecipato né alle elezioni europee né alle concomitanti amministrative.
Le prossime consultazioni elettorali in Liguria si terranno infatti tra circa un anno e mezzo e riguarderanno proprio il rinnovo del consiglio regionale.
Ove si prendesse a riferimento tale futuro impegno politico, appare evidente che la sospensione dalla funzione di presidente legata alla misura cautelare andrebbe a connotarsi come una vera e propria decadenza, non prevista dalla legge proprio per tutelare la volontà popolare espressa con libere elezioni.
Per quanto attiene al rischio di reiterazione del reato, tenuto conto del lunghissimo periodo delle indagini, quattro anni, i fatti contestati non potrebbero che risultare episodici rispetto al numero di campagne elettorali affrontate e all’attività di raccolta fondi per finalità politiche. Ciò solo dimostra l’inesistenza dell’asserito ‘sistema’.
La sistematica e meticolosa registrazione di ogni movimento di denaro da parte dei movimenti facenti capo a Giovanni Toti, senza alcun artificio volto a celarne tempistica e provenienza, dimostra, ove necessario, la volontà di seguire pedissequamente il percorso normativo stabilito dalla legge per le elargizioni liberali.
Nell’interrogatorio reso davanti ai pubblici ministeri, il presidente Toti, lungi dal negare la realtà fattuale evidenziata dalle indagini, anzi, confermandola, ha esposto la sua ricostruzione dei fatti, sostenendo la sua buona fede.
Pertanto, appare oggi evidente che, certa la volontà passata e presente di non compiere illeciti, la stessa presenza dell’indagine, con le contestazioni mosse dai pm, sia tale da inibire ogni reiterazione di azioni simili a quelle contestate, in attesa del giudizio.
Le indagini svolte in questi quattro anni, le recenti audizioni di indagati e persone informate sui fatti e le ulteriori attività effettuate, portano a ritenere l’insussistenza della necessità di ogni ulteriore protrazione della misura finalizzata a tutelare la prova.
Alla luce di ciò, si ritengono non più sussistenti le esigenze cautelari indicate dalla gip (Paola Faggioni, ndr).
Se il ritorno in carica del presidente di Regione Liguria, come previsto dalla legge, venisse considerato ex se come elemento determinante per la previsione di nuovi reati e per l’inquinamento probatorio, ciò si tradurrebbe in una sospensione dall’incarico, trasformandolo di fatto in decadenza già nella fase delle indagini, cosa non prevista dalla legge.
Occorre tenere conto del giusto equilibrio costituzionale fra tutela del processo, tutela della volontà popolare e necessità amministrative della Regione Liguria”.
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