Genova, 24 maggio. “Sicuramente chiesi espressamente i voti per Ilaria Cavo (ex assessora regionale e attualmente deputata genovese della Lista Toti-Noi Moderati, ndr) parlando con uno dei due fratelli Testa”.
E’ la sintesi di quanto dichiarato ieri dal governatore ligure Giovanni Toti ai tre pm che lo hanno messo sotto torchio per quasi nove ore.
Gli inquirenti, tra le altre cose, durante l’interrogatorio fiume gli hanno chiesto conto dei rapporti con i fratelli siciliani Italo Maurizio e Arturo Angelo Testa (sospesi da Forza Italia), i cosiddetti “riesini” che al quartiere Certosa, in vista delle regionali del 2020, avrebbero controllato circa 400 preferenze.
“Il senso del mio intervento – ha precisato Toti spiegando che aveva ottenuto 380mila preferenze e quei 400 voti per se stesso erano perciò irrilevanti – fu di chiedere di dare una mano a Ilaria Cavo nonostante le incomprensioni che c’erano state” tra di loro.
Sui rapporti con i fratelli Testa, che hanno fatto scattare l’accusa di voto di scambio con l’aggravante mafiosa perché gli esponenti della comunità riesina vengono considerati dagli inquirenti vicini al clan Cammarata di Cosa Nostra, il governatore ligure ha inoltre sottolineato: “Forse nella primavera Ilaria Cavo mi disse che si era incontrata con i fratelli Testa, che non si erano capiti benissimo, che le erano sembrati confusi e che comunque non le erano piaciuti, soprattutto per le richieste legate al rimborso spese. Non ricordo invece che mi abbia parlato di richieste di posti di lavoro anche se era ovvio che i Testa avessero chiesto attenzione per la loro comunità”.
Toti ha invece negato di avere preso accordi con i fratelli Testa in occasione delle elezioni comunali 2022: “Ricordo che si candidava Cristina Calascibetta, di origine riesina, ed è quindi possibile che si sia parlato in termini generici della comunità riesina di Certosa, quartiere in cui era consigliere Calascibetta”.
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