“La tracciabilità dei denari, sia in entrata che in uscita, è totale”.
Lo ha dichiarato ieri sera l’avvocato genovese Stefano Savi, difensore del governatore ligure Giovanni Toti, messo ai domiciliari martedì scorso per corruzione elettorale.
Il legale difensore è sicuro di potere dimostrare la correttezza nella gestione dei soldi arrivati al Comitato per sostenere l’attività politica di Toti. Una correttezza che per l’avvocato genovese “si desume dalle stesse carte della Procura di Genova”.
In sostanza, Toti non avrebbe favorito gli affari dell’imprenditore portuale Aldo Spinelli o di altri. Inoltre, non c’é nessuna mazzetta o valigetta piena di soldi, come ai tempi di Mani Pulite. I 74mila euro del 2020 in ballo, risultano tutti tracciati. E quindi il presidente di Regione Liguria sarebbe stato così poco accorto da autodenunciarsi?
“In entrata – ha spiegato Savi – sono gli stessi atti che ce lo dicono: non è contestato nulla in relazione a fatti che non siano assolutamente rientranti nella normativa di legge che prevedono che tutto avvenga nella maniera più trasparente possibile e così è stato.
E abbiamo la possibilità anche di dimostrare che questi denari sono stati spesi tutti per necessità di tipo politico connesse all’attività del presidente Toti, delle persone che lavoravano con lui o che avevano connessioni politiche con lui. Non c’è stata nessuna anomalia nella spesa, né a titolo personale, né a nessun altro titolo”.