La tutela del patrimonio agroalimentare nazionale è una svolta storica, dopo che ormai circa 3 marchi storici su 4, sono già finiti in mani straniere
I nostri marchi vengono spesso sfruttati per vendere prodotti che di italiano non hanno più nulla, dall’origine degli ingredienti allo stabilimento di produzione. Anche machi storici liguri e del vicino Piemonte sono già volati all’estero, dai cracker Saiwa agli oli Dante e Sasso, fino ai cioccolatini Pernigotti dei vicini di Novi Ligure, ma solo legando il marchio e l’azienda al territorio nativo, si potrà evitare il depauperamento di ulteriori risorse sia economiche sia culturali locali.
E’ quanto afferma Coldiretti Liguria nel commentare positivamente l’annuncio del ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli di voler estendere anche all’alimentare il “Golden Power anti shopping straniero” a difesa delle imprese italiane. Si tratta di un’inversione di tendenza dopo che negli ultimi decenni gli stranieri hanno acquisito quote di proprietà nei principali settori dell’agroalimentare italiano, dalla pasta all’olio, dagli spumanti ai gelati, dai salumi fino ai biscotti. Uno shopping senza freni che è stato peraltro accompagnato solo da sporadiche azioni dell’Italia all’estero dove sono stati frapposti ostacoli.
“L’emergenza Coronavirus, che ha ridotto gli scambi commerciali, per la chiusura delle frontiere e le difficoltà nei trasporti – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa – sta facendo emergere sempre di più la consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo di qualità. In questo contesto, dal momento che la nostra agricoltura è quella con maggior controlli e più green d’Europa, non si deve più fare, come in passato e sottovalutare il potenziale agricolo e alimentare dei nostri territori andando inoltre a “svendere” i nostri marchi. Purtroppo marchi conosciuti a livello mondiale come l’Olio Dante, nato a Genova nel 1854, o la Saiwa dell’inizi del 900, sono stati trasferiti all’estero con una perdita enorme per il nostro territorio e, riteniamo, anche per la qualità del prodotto in sé, divenendo più difficile la tracciabilità delle materie prime impiegate per realizzarlo. Il Brand locale fa sempre più gola alle grandi aziende estere perché dentro a quel nome sono veicolati qualità, valori e tradizione locale. Per questo è bene evitare altre perdite: a giovarne sarà la nostra economia, le aziende locali e il territorio, ma anche la nostra cultura alimentare che ha le sue radici nei prodotti e nei marchi che ne hanno fatto la storia”.