Riconoscere il vizio parziale di mente e uno sconto di pena per il rito abbreviato ad Alberto Scagni, il genovese che uccise la sorella Alice con 24 coltellate il primo maggio 2022 sotto casa a Genova Quinto.
È quanto ha chiesto l’avvocato Alberto Caselli Lapeschi, il legale dell’imputato, al termine della sua arringa di stamane. La sentenza è attesa per domani. Il pubblico ministero Paola Crispo, invece, ha già chiesto la condanna all’ergastolo.
Il legale di Scagni è arrivato alle conclusioni ragionando sull’insussistenza delle aggravanti che sono state contestate e sul vizio parziale di mente dell’imputato.
In primo luogo l’avvocato Caselli Lapeschi ha spiegato che il sacchetto di plastica usato per nascondere il coltello non può essere considerato un mezzo insidioso. “Non ha natura ingannatoria ma è solo servito al trasporto dell’arma” ha detto in aula.
Per quanto riguarda la crudeltà “deve essere esclusa perché Alice ha perso subito conoscenza, come se avesse subito una anestesia forzata, ed è morta immediatamente. E dunque una vittima che perde subito la vita e prima ancora conoscenza perde la coscienza del dolore” ha proseguito nella sua arringa citando anche il caso di Carol Maltesi, la donna uccisa con 13 martellate in testa e poi fatta a pezzi, per cui i giudici avevano escluso la crudeltà.
Per l’avvocato Caselli Capeschi non sussiste nemmeno la premeditazione perché “Alice era la persona meno odiata in quel momento, non c’era acrimonia o astio. E nemmeno sapeva che quella sera la sorella avrebbe portato a spasso il cane, visto che 19 volte su 20 lo faceva il cognato”.
Infine, la difesa dell’imputato ha sposato in pieno la conclusione del perito del giudice per le indagini preliminari che ha definito Scagni seminfermo di mente: “Scagni non era in condizioni tali da premeditare l’omicidio. C’era un allontanamento dal piano della realtà”.
In conclusione il legale ha chiesto “una giusta pena che non può essere l’ergastolo, ma una condanna che permetta il recupero del condannato”.
Durante le indagini era emerso che Alberto Scagni uccise la sorella dopo avere aspettato per ore sotto casa di lei. Da mesi il fratello litigava con i parenti perché chiedeva continuamente soldi che gli venivano negati.
In poche settimane aveva speso il fondo pensione, di 15mila euro, che gli era stato accantonato dai genitori e aveva cominciato a perseguitare la nonna e i vicini di casa.
Dopo l’omicidio, i genitori hanno denunciato la dottoressa del centro di Salute mentale dell’Asl3 e gli agenti della centrale operativa della Questura che il primo maggio ricevettero le telefonate del padre del ragazzo ma non mandarono le volanti a fare un sopralluogo.
La Procura di Genova ha però chiesto l’archiviazione per questo fascicolo. Tuttavia i genitori si sono opposti e deve essere ancora fissata un’udienza per la discussione.