“Sergio Ramelli ci diede il coraggio d’iniziare e continuare la nostra militanza politica”.
Lo hanno dichiarato oggi il consigliere regionale ligure Augusto Sartori e l’europarlamentare Carlo Fidanza (FdI) nell’anniversario della morte del ragazzo milanese aggredito vigliaccamente, pestato a sangue e quindi ucciso da un gruppo di extraparlamentari comunisti di di Avanguardia Operaia armati di grosse chiavi inglesi.
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“Era il 29 aprile di 45 anni fa – hanno ricordato Sartori e Fidanza – quando, dopo 47 giorni di agonia, moriva a Milano a soli 18 anni Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù.
Era stato aggredito il 13 marzo mentre era da solo e stava legando il motorino davanti casa sua, sotto gli occhi della mamma incredula che lo attendeva dal balcone.
Pochi mesi prima aveva ‘osato’ scrivere un tema a scuola contro le Brigate Rosse e da quel giorno era iniziato il suo calvario.
Venne messo all’indice e umiliato e infine costretto a cambiare scuola. Venne aggredito da un commando del servizio d’ordine di Avanguardia Operaia, gruppo molto attivo nell’estrema sinistra milanese. Tutti studenti di Medicina, praticamente nessuno conosceva Sergio.
L’annuncio della sua morte venne accolto da un lugubre applauso nell’aula del consiglio comunale di Milano.
Dopo la sua morte gli venne perfino negato il funerale per timore di scontri provocati dall’estrema sinistra.
Esattamente un anno dopo, non a caso nel giorno della messa in suffragio di Sergio, un commando di Prima Linea assassinó un altro esponente del MSI, l’avvocato Enrico Pedenovi. Soltanto diversi anni dopo fu possibile processare i suoi assassini che, condannati per omicidio volontario ma con una serie di attenuanti, se la cavarono con condanne lievi e oggi sono quasi tutti medici affermati.
Oggi l’assurdo sacrificio di Sergio Ramelli viene ricordato da cippi, targhe e strade a lui intitolate a Milano e in molti altri comuni d’Italia ma il suo ricordo continua inspiegabilmente a dividere.
Basti pensare che il sindaco di Milano gli rende omaggio senza fascia tricolore, quasi come se quella memoria fosse ancora di serie B.
A noi che oggi rappresentiamo la destra politica italiana spetta non soltanto custodire il ricordo di Sergio Ramelli e di tutti gli altri militanti caduti negli anni in cui ‘uccidere un fascista non era reato’, ma rinnovarne ogni giorno gli ideali di identità nazionale e giustizia sociale per i quali sono caduti”.