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Un gentiluomo cade in mare, medita sulla sua sorte e annega

Un gentiluomo cade in mare, medita sulla sua sorte e annega

 Un gentiluomo cade in mare, medita sull’angosciosa ironia della sua sorte e annega.

Mettere il piede in una putrida pozzanghera, con conseguente rovinosa caduta, oppure sedersi su una panchina fresca di pittura, sono sventure che non potranno mai eguagliarsi a quel che è successo a Henry Preston Standish, il protagonista del libro “Gentiluomo in mare” scritto da Herbert Clyde Lewis (Adelphi, 2023, 153 pp.).

Nel libro Lewis racconta che Preston Standish, è un uomo noioso e comune, “scialbo come una tela grigia”. Ha una moglie che lo ama, due figli piccoli che adora “di un amore orgoglioso e malinconico”. Standish ha un lavoro fortunato come broker finanziario alla Borsa di New York e un appartamento vicino a Central Park. Veste capi impeccabili e elucubra pensieri ineccepibili. Vive, ogni giorno, cercando di non vergognarsi mai di niente. Ma quest’uomo decide di fare una crociera in solitaria nel Pacifico.

Grazie ad una sbadataggine disdicevole, per un gentleman come lui, cade dalla nave e tra le onde gelide dell’oceano medita: “Il rifiuto di tutto” spiegherà a sé stesso, più tardi, mentre galleggiando tra i flutti osserverà il tramonto accendersi e la nave, l’Arabella, di cui era passeggero, allontanarsi.

Se il viaggio non è andato come sperato è solo colpa della sua condizione di gentiluomo, fonte ultima dei suoi guai, che gli ha impedito di urlare a squarciagola per chiedere soccorso. Quando infatti si decide a farlo è troppo tardi e si ritrova in pieno oceano, mentre la nave si allontana per sempre all’orizzonte.

Le ore successive, galleggiando nelle scure acque del pacifico, le passerà a riflettere sull’ angosciosa ironia della sua sorte. Sarà una piccola odissea tutta interiore che lentamente si trasforma in una sorta di “regressione talassale”, in un livido ritorno a una agognata condizione prenatale. E su quello che in fondo è solo uno scivolone, Lewis costruisce, con un senso dell’equilibrio che ha del miracoloso, una favola allegorica e beffarda, cioè una novella perfetta. ABov