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Un pomeriggio ad alto contenuto alcolico a Genova

La Tequila Patrón

Tra una Masterclass sulla Tequila a Le Clab e i baroli al GoWine

Per gli specialisti (e i buongustai) del settore il pomeriggio del 27 marzo Genova ha offerto interessanti opportunità esperienziali nel campo degli alcolici e dei superalcolici. Tra le ore 16 e le ore 18, si è tenuta, nel piacevole cocktail bar Le Clab di piazza Paolo da Novi (www.leclab.it), una Masterclass su Tequila Patrón.

L’azienda, come ha spiegato l’Ambassador Italia, Adriano Costigliola, è nata in Messico nel 1989, con l’obiettivo di essere la tequila ultra-premium migliore al mondo. Pare che ci sia riuscita. Le regole della sua produzione sono ferree.

In generale, le tipologie si suddividono principalmente in due: la tequila Mezcal, prodotta con 8 tipologie di agave, e la tequila Weber Blue Agave, derivata al 100% da agave azzurra. Il luogo geografico di produzione è Jalisco, lo stato messicano affacciato sull’Oceano Pacifico nella parte occidentale del paese, sede della maggior parte delle distillerie (sono 140 per più di 1.700 brand di tequila).

Il processo esecutivo prevede la cottura dell’agave in forni a vapore e poi un periodo di invecchiamento non molto lungo, per non perdere la nota erbacea (si definiscono: Reposado – minimo 2 mesi, massimo un anno; Añejo – minimo 12 mesi, massimo 3 anni; Extra Añejo – minimo 3 anni).

Il Consejo Regulador del Tequila (CRT) garantisce che la tequila sia tale e la Norma Oficial Mexicana (NOM) indica il produttore. Se la tequila risulta carissima all’acquisto è anche perché l’agave fiorisce soltanto ogni sette anni e poi secca.

Ciò che affascina dell’azienda in oggetto, la Patrón, è il suo aver mirato alla massima qualità in ogni scelta. Si occupa di tutto il migliore “Master Distiller and Blender” disponibile, Francisco Alcaraz, che ha studiato ingegneria chimica all’Università di Guadalajara e ha sviluppato nuove ricette.

La selezione dell’agave avviene a Los Altos (le highlands di Jalisco), il terroir migliore per la Weber Blue Agave, a circa 2.000 m s.l.m. Qui il giorno è molto caldo e la notte molto fredda; il terreno è vulcanico, ricco di ossido di ferro e con un alto livello di acidità.

Gli standard osservati da Patrón prevedono: un taglio stretto della pianta, che avviene da maggio a ottobre (inverno) con un machete rotondo; un minor peso rispetto a chi pratica il taglio ampio (la pianta, a maturazione, arriva fino a 40-60 kg) e più zucchero, che evita in futuro un sapore amaro.

La cottura della piña, tagliata in pezzi più piccoli, avviene a oltre 95°C esclusivamente in forni a mattone (mai in autoclavi o con i diffusori), caricati ogni 79 ore. Il processo preferito è il tradizionale “tahona method”, che prevede la pressatura con una macina di origine vulcanica. Il metodo moderno, il “roller mill”, invece, utilizza rulli che separano la fibra dal succo. La fermentazione è naturale e avviene in tini di legno. La doppia distillazione è discontinua, in contenitori di rame; la coda viene tagliata, anche perché contiene il tossico metanolo.

Dopo l’ampia introduzione, chi partecipa alla Masterclass degusta innanzitutto Patrón Silver (40%, 700 ml), un blending di tequila bianca lavorata al 50% con metodo tahona e al 50% roller mill, imbottigliata senza invecchiamento: trasparente e cristallina alla vista, vi si avvertono la morbidezza e la dolcezza al palato – ma non si sente lo zucchero (si può fare la prova inumidendo le mani di questa tequila e notando che, sfregandole, non appiccicano) – e note agrumate.

Il secondo prodotto in degustazione è Patrón Añejo (40%, 700 ml), risultato di un blend di tequile invecchiate per 12-14 mesi in piccole botti di rovere nuova francese (Limousin) e nuova e usata americana (Bourbon). Il colore è chiaro e leggermente ambrato; il profumo e il sapore sono intensi e fini, con note persistenti di frutta secca (accentuate dalle botti francesi) e di frutta fresca (esaltate dalle botti americane), di agrumi, di miele e con una leggera sensazione di affumicato.

Se già qui si può constatare l’alto livello di lavorazione conseguito dall’azienda, in un perfetto connubio di emozioni sensoriali, non si osa immaginare cosa possano rappresentare a livello di esperienza altre bottiglie: la Gran Patrón Burdeos (tequila Añejo, invecchiata per 2 anni), la Gran Patrón Piedra (Extra Añejo, invecchiata per circa 4 anni), sul mercato a circa 300 euro, o il non plus ultra del lusso, la Patrón en Lalique (Extra Añejo), tirata in 500 esemplari numerati con bottiglia francese di cristallo e venduta a 7.500 euro.

Un altro valore aggiunto dell’azienda messicana, in cui lavorano ben 1.200 persone, è costituito dalle eleganti bottiglie di diverso colore, prodotte a mano da artigiani vetrai, utilizzando vetro riciclato. Anche i tappi e le etichette vengono posti a mano. Non a caso il claim aziendale è: “simply perfect”, che sottolinea quella perfezione (e unicità) che viene data anche dai difetti.

Poiché tutto ciò che è legato all’agave è inquinante, Patrón ricicla quasi il 100% degli scarti: con la parte solida vengono composte le scatole di cartone per le bottiglie e i fertilizzanti, con la parte liquida si fanno funzionare le torri di raffreddamento e la pulizia.

Insomma, Patrón sembra essere un’azienda ideale, che dà lavoro a moltissima gente, rispetta la comunità e l’ambiente ma, soprattutto, porta lustro al proprio paese con un prodotto d’eccellenza. Ricordiamo che la tequila entra in composizione in numerosi cocktail e che Patrón stessa incrementa nuove creazioni da parte dei barman di tutto il mondo. Il sito web (www.patrontequila.com) fornisce informazioni e ricette al riguardo e ricchi contenuti accompagnati da bei filmati.

A seguire, nel medesimo pomeriggio e fino alle ore 22, si è svolto all’Hotel President, in Corte Lambruschini, quindi a pochi passi da piazza Paolo da Novi, un appuntamento di Go Wine (http://www.gowinet.it/).

L’associazione per la promozione dell’enoturismo e dei territori del vino, nata ad Alba (CN) nel 2001, “guarda al consumatore di qualità che ama viaggiare per il vino, per conoscere i luoghi della produzione e si propone di costruire un progetto che gradualmente possa coinvolgerlo e stimolarlo”. Ormai il marchio è sinonimo di qualità e mobilita non soltanto i professionisti del settore e gli operatori titolari di ristoranti, enoteche e wine bar, ai quali è dedicata sempre un’anteprima riservata, ma anche gli enocuriosi e appassionati.

Per il pubblico i banchi di assaggio aprono alle ore 18.30, con un biglietto d’ingresso che comprende anche un piattino. Stavolta si tratta della quinta edizione di: “Barolo, Barbaresco, Roero & i Nebbioli del nord”, un tema seguitissimo nella nostra regione. Il vitigno nebbiolo offre una declinazione assai ampia di vini importanti, qui rappresentati da una selezione di 15 aziende al banco di assaggio e di altre 15 nella parte degustazione in enoteca.

Si può iniziare, ad esempio, con uno spumante metodo classico di Bricco Maiolica di Diano d’Alba (CN), ottenuto da uve del 2015; proseguire con il Langhe Rosato (pure nebbiolo 100%) di Cascina Alberta di Treiso (CN), imbottigliato da appena 15 giorni e decisamente giovane; verificare, poi, per entrare nel vivo, il Boca 2009 (85% nebbiolo e 15% vespolina) de Le Piane di Boca (NO), praticamente una certezza di qualità.

Almeno un’azienda va studiata nel suo insieme e stavolta, nel mio programma, tocca a Sordo Giovanni di Castiglione Falletto (CN). Qui degusto sistematicamente i sei prodotti disponibili: Barbera d’Alba Massucchi Superiore, 2015 e Nebbiolo d’Alba, 2016 (entrambi trascorrono un anno in botte grande); quindi, Barolo, 2014 (appena uscito), Barolo Ravera (un buon cru), 2013, Barolo Perno, 2013 (prodotto in 34.000 bottiglie) e Barolo Riserva Perno, 2010 (ca. 5.000 bottiglie).

Personalmente, concludo con cinque degustazioni dell’azienda Torraccia del Piantavigna di Ghemme (NO), che mi propongo di andare a visitare in futuro, data la qualità: La Mostella-Colline novaresi, 2016 (vespolina 100%), Gattinara, 2013 (100% nebbiolo), Ghemme, 2012 (90% nebbiolo, 10% vespolina), Ghemme Riserva, 2009, Ghemme Vigna Pelizzane, 2011.

Le peculiarità di uno dei vitigni italiani più rappresentativi nel mondo si possono cogliere anche attraverso le altre cantine presenti e i loro meritevoli prodotti. Tuttavia, c’è un limite al tasso alcolico nelle vene di ciascuno, per cui qui termina, in bellezza, la selezione operata da chi scrive. Avere per qualche ora un territorio nel bicchiere è comunque un’esperienza consigliabile a chiunque, perché può essere… di grande ispirazione. (foto Linda Kaiser)

Linda Kaiser