Una scoperta dell’invisibile: l’universo dei Buchi Neri.
Nel regno dell’astronomia, un enigma cosmico continua ad attrarre l’immaginazione dell’uomo e sfidare le leggi della fisica: i buchi neri.
Ma questo enigma cosmico cosa potrà mai essere?
“Il buco nero è un corpo celeste, avente un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né materia, né radiazione elettromagnetica”. Si legge tra le pagine dell’enciclopedia Treccani.
Noi profani diciamo che sono quei corpi celesti presenti nel cosmo rimasti misteriosi ma curiosamente sempre intriganti e inspiegabili. Forse anche per queste loro impenetrabili conformazioni, sono analizzati e studiati da scienziati e ricercatori.
L’idea di un buco nero risale alla mente geniale di Albert Einstein e alla sua teoria della relatività generale. Questi mostri gravitazionali sono il risultato di implosioni di masse estremamente elevate, dove la gravità domina su qualsiasi altra forza, causando un collasso gravitazionale che concentra lo spazio-tempo in un singolare punto chiamato singolarità.
La soglia oltre la quale nulla può sfuggire alla presa implacabile del buco nero, rende questi fenomeni ancora impercettibili a noi umani. Tuttavia, i loro effetti sullo spazio circostante, come le interazioni gravitazionali con altri corpi celesti e le emissioni di materia catturata, forniscono indizi preziosi della loro presenza.
Le prime riflessioni su tali oggetti risalgono a decenni fa.
Fu il fisico John Archibald Wheeler a coniare il termine “buco nero” nel 1967, dopo un suggerimento da parte di uno misterioso appassionato di astrologia, suo stimatore.
Le notizie certe su questi corpi celesti non sono molte: sappiamo, per esempio, che si formano quando la vita di una stella corposa si volge verso la morte, innescando così un processo di collasso.
Come riporta lo studio pubblicato sulla rivista scientifica ArXiv si tratta di un buco nero più grande di qualsiasi “supermassiccio”: la sua massa è stata stimata essere circa 17 miliardi di volte quella del nostro Sole.
Un team internazionale e multidisciplinare di scienziati, guidati dal dottor Ignas Juodžbalis dell’Università di Cambridge, era al lavoro su una ricerca incentrata su quelle che sono note come linee d’emissione delle galassie. Queste linee altro non sono che i residui delle transizioni atomiche o molecolari che avvengono all’interno del gas presente nelle galassie.
Casualmente, il team di Juodžbalis ha preso in esame la galassia NGC 1277, situata a circa 220 milioni di anni luce dalla Terra, usando il James Webb Space Telescope (JWST). Ed ecco la sorpresa: un’ampia emissione Halfa (una delle emissioni più comuni dell’idrogeno atomico), che implicava la presenza di un buco nero. ABov