Balcani di nuovo in fermento. Non c’è solo il cuore della Mitteleuropa comunitaria a storcere il naso verso le politiche generali di Bruxelles con il ”duro” leader unghesere Orban o il tenace Gruppo euroscettico di Visegrad. Ma appunto il mosaico balcanico del sud non trova le tessere giuste da offrire alla UE per configurare un futuro affresco compatto.
L’avvio del negoziato di adesione dell’Albania e della Macedonia del Nord è drammaticamente in forse. Da giorni ormai i “28” del club unitario stanno discutendo se e come concedere a questi due Paesi balcanici di trattare con Bruxelles il loro futuro ingresso nell’Unione Europea. In molti Paesi, gli equilibri di politica interna, dettati dall’influenza crescente di partiti radicali ed euroscettici, inducono i governi ad atteggiamenti nazionalistici…o – come va di moda oggi in politichese – sovranistici.
A metà dell’anno scorso, i Ventotto avevano deciso di chiedere ai due Paesi ulteriori sforzi per lottare contro la corruzione e la criminalità, con la promessa di concedere l’avvio del negoziato quest’anno. Qualche settimana fa la Commissione Europea ha pubblicato un rapporto in cui ha spiegato che Albania e Macedonia del Nord avevano fatto sufficienti sforzi e ha suggerito quindi ai Paesi membri di dare il loro benestare definitivo.
In queste settimane, il dibattitto tra i Ventotto è stato molto acceso. Sono emerse notevoli spaccature. Mentre nel 2018 solo Francia e Olanda avevano bloccato l’allargamento di Albania e Macedonia del Nord, oggi il numero dei Paesi è aumentato. Secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, si sono aggiunti anche la Germania e la Danimarca, possibilmente anche il Belgio, il Lussemburgo e la Spagna. “Lo stesso principio dell’allargamento è messo in dubbio” – si è fatto sfuggire un alto diplomatico.
Con il benestare ai due Stati, molti Paesi temono di contribuire a una crescita dei partiti nazionalisti. C’è di più. Complici diversi allargamenti, l’Unione a 28 è diventata sempre più difficile da gestire. Nuove adesione sono guardate con preoccupazione. “Le ragioni geopolitiche dell’allargamento, come strumento per stabilizzare la regione balcanica, sono ormai in secondo piano in molti Paesi – ha confermato un altro alto diplomatico – prevalgono considerazioni nazionali e paure di destabilizare l’Unione”.
Se ne è parlato due settimane or sono prima a livello diplomatico, poi a livello ministeriale e infine tra i Capi di Stato e di Governo che si sono nuovamente riuniti il 20 e 21 giugno scorsi. Sempre secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, nell’ultima versione delle conclusioni del vertice europeo si legge che i 28 prendono nota del rapporto comunitario e rinviano una decisione sull’avvio del negoziato al prossimo settembre. Chi crede nell’allargamento, ha piegato in autunno un rinvio “sine die”, complice il cambio di Commissione.
Il negoziato – che parte in salita – non è quindi terminato. Proprio 7 giorni fa è giunto a Bruxelles il Presidente macedone della nuovissima Repubblica di Macedonia del Nord (già per anni nel limbo del nome geopolitico di F.Y.R.O.M. (Former Yugoslavian Republic of Makedonia, n.d.r.) Stevo Pendarovski, per far pressione sui Paesi membri. A quanto pare la Macedonia del Nord gode di un atteggiamento più benevolo dell’Albania, e non si può escludere un disaccoppiamento, in altre parole un benestare a favore di Skopje, mentre Tirana verrebbe lasciata in sala d’aspetto. La scelta, se confermata, rischia di creare ulteriori malumori.
In linea con la sua storica posizione diplomatica, l’Italia continua ad appoggiare l’adesione dei due Paesi, nonostante l’arrivo al potere di un governo che potrebbe temere conseguenti arrivi di migranti dai Balcani. Per ora, Roma è sempre dell’avviso che l’ingresso nella UE dell’Albania e della Macedonia del Nord sia positivo per via dei forti legami economici e con l’obiettivo di evitare che l’assenza di prospettive europee provochi nella regione nuove tensioni politiche ed etniche.
Con altri 12 Paesi membri dell’Unione, l’Italia ha firmato una dichiarazione a favore dell’apertura dei negoziati con i due Paesi balcanici. Al testo hanno aderito anche Repubblica Ceca, Estonia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Bulgaria, Malta, Austria, Croazia, Slovenia, Polonia e Slovacchia. Roma è consapevole che l’allargamento del 2004-2007 ha reso troppo eterogenea l’Unione Europea, ma ritiene che togliere la prospettiva comunitaria ai Paesi balcanici è politicamente troppo rischioso.
Albania e Nord Macedonia, l’UE non pare in grado di avviare negoziati di adesione. Serve un’unanimità che non c’è per aprire le trattative. Al vertice dei leader di due giorni or sono dunque nessun via libera. Tusk: “Non tutti gli Stati sono pronti per questa decisione”. Slitta tutto in autunno, se tutto va bene.
L’avvio di negoziati per l’adesione di Albania e Macedonia del Nord all’UE non sarà a breve, e allora si è tentato di salvare il salvabile, vale a dire la credibilità dell’Europa, cercando quantomeno di inserire nelle conclusioni del vertice dei leader riferimenti e passaggi all’impegno dell’Unione Europea per accogliere nuovi membri quanto prima con la speranza che magari con l’autunno si creino le condizioni per dare a Tirana e Skopje quelle prospettive comunitarie inseguite da dieci anni anni e anche di più.
La Commissione Europea ritiene che gli sforzi compiuti dai due Paesi candidati siano tali da giustificare l’apertura dei primi capitoli negoziali. Un’opinione non condivisa però da tutti i membri del Consiglio UE, dove serve l’unanimità per le questioni di allargamento. Gli Stati membri, com’è logico e naturale in una grande famiglia di 28 Paesi diversi, hanno differenti sensibilità. Così accade che c’è ancora qualcuno che se nìètornato a casa riservandosi sulla necessità di fare passi avanti.
C’è la Germania, in particolare, a non avere ancora le idee chiare ad una nuova fase nelle relazioni con Albania e Macedonia del Nord. Un mancato via libera che mina l’affidabilità europea e che ha rischiato seriamente di far spazientire i partner balcanici, ancora potenziali. “Sono dell’idea che dovremmo avviare negoziati di adesione sia con l’Albania sia con la Macedonia del Nord in linea con le raccomandazioni della Commissione”, vale a dire subito, in occasione del vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’UE appena concluso – ha detto con la massima cautela il Presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk. “Purtroppo non tutti gli Stati membri sono pronti a prendere una simile decisione nei prossimi giorni”. E così si temporeggiato.Se ne riparla in autunno. Ma l’estate si preannuncia più “calda” del normale.
Una critica, quella di Tusk, rivolta in particolare a Berlino. I tedeschi dovranno spiegare la natura dei loro dubbi, e dire come uscire da una situazione che rischia contraccolpi, intenti ed esterni. Da una parte un gran parte di Paesi hanno firmato una dichiarazione politica congiunta che chiede di aprire le porte ai membri balcanici.
Austria, Bulgaria, Croazia, Estonia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, hanno messo per iscritto la volontà di intavolare le trattative con Albania e Macedonia del Nord. Tredici Paesi su 28. Vuol dire che senza soluzioni accettabili l’Europa degli Stati si potrebbe spaccare in due.
L’allargamento è stato tra i punti di confronto dei Ventotto il 18 giugno scors, quando si è riunito il Consiglio Affari Generali, chiamato anche a preparare il summit dei leader. La presidenza romena di turno ja inteso avere un paragrafo proprio sull’allargamento nelle conclusioni del vertice del Consiglio Europeo, ma non è chiaro se e quanto ci sia realmente riuscita. Stabilito che non c’è una via libera come richiesto da Commissione è metà Consiglio, occorre quanto meno prevedere un impegno politico che confermi la volontà di lavorare con i governi di Skopje e Tirana.
Si è messa sul tavolo la possibilità che l’UE si dia tempo, che approvi solo una parte delle conclusioni sull’allargamento e che “decida di decidere” in autunno, se tutto va bene e a meno di colpi di scena dell’ultima ora. E’ questa una delle ipotesi perlustrate, assieme a quelle di rinviare tutto direttamente all’autunno o lasciare le conclusioni sull’allargamento solo a livello di ministri.
Comunque vada nel prossimo futuro l’Europa ha però già intaccato, e profondamente la propria credibilità agli occhi di albanesi, nord macedoni e non solo. “Questi Paesi hanno mandato tutti i segnali politici che l’UE stava aspettando” – ha ammesso Tusk al termine dell’incontro con il Presidente della Macedonia del nord, Stevo Pendarovski. Al quale però non ha niente da offrire in cambio degli sforzi profusi.
Marcello Di Meglio