VENEZIA Time Machine, un progetto che mira a ricostituire digitalmente la storia delle città europee, ha perso un partner chiave: l’Archivio di Stato di Venezia ha annunciato la sospensione della collaborazione con il Politecnico Federale di Losanna (EPFL). La decisione appare pienamente reversibile ma richiederà discussioni su alcuni punti: la partecipazione paritaria dei ricercatori coinvolti, la condivisone degli obiettivi, i diritti di licenza delle immagini.
Il progetto riguarda oggi 18 città europee ma tutto era partito dal grande archivio di Venezia. Digitalizzarne i contenuti non significa soltanto avere un accesso più veloce e funzionale ai documenti, ma anche aprire la porta ai nuovi approcci di studio della moderna scienza dei dati, che estrapola e mette in relazione elementi da grandi quantità di informazioni (big data), impiegando potenti calcolatori e l’intelligenza artificiale.
L’iniziativa Venice Time Machine, sviluppata da Archivio di Stato ed EPFL insieme all’Università Ca’ Foscari, mirava così a ricostruire lo sviluppo urbano e sociale della Città dei Dogi per poterlo raffigurare nello spazio e nel tempo, grazie alle conoscenze storiche e archivistiche degli operatori veneziani unite alle competenze del Politecnico federale nel campo delle nuove tecnologie e dell’informatica umanistica.
Nel 2014 iniziò il lavoro di acquisizione digitale dei registri fiscali e catastali, che l’Archivio conserva senza interruzioni dal XIV secolo e che consentono di ricostruire movimenti di popolazione, dei beni scambiati, dello sviluppo della città.
Si sperimentarono subito tecniche innovative, come la lettura automatica di documenti manoscritti e la tomografia assiale computerizzata la quale, sfruttando la presenza di inchiostri ferrosi nei documenti, può potenzialmente fornire un’immagine leggibile dei registri senza che debbano neppure essere aperti.
Un fulmine a ciel sereno?
Con un comunicato sul proprio sito web, l’Archivio di Stato di Venezia ha annunciato la sospensione dei rapporti con l’EPFL.
Frédéric Kaplan, Professore al Politecnico e iniziatore del progetto, ha dichiarato di essere stato colto di sorpresa. “Il nuovo direttore dell’Archivio veneziano è stato appena nominato, non l’abbiamo ancora incontrato. Abbiamo ricevuto una comunicazione di sospensione e stiamo cercando di capire come sistemare questo eventuale malinteso”.
Quanto alle ragioni, Kaplan riconosce che ci fossero punti di disaccordo sulla licenza di utilizzo delle immagini frutto dell’acquisizione digitale, ma che il buon partenariato con l’Archivio si è sviluppato attorno all’idea che le stesse sarebbero state liberamente utilizzabili dalla comunità scientifica. “C’è un vero tesoro, negli archivi veneziani, ed è la chiave per centinaia di studi che potrebbero cominciare nei prossimi anni. Dunque per noi è molto importante, alla luce dello sforzo massiccio che abbiamo profuso, che queste immagini siano accessibili a tutti”.
Non solo questioni giuridiche
Gianni Penzo Doria, Direttore dell’Archivio di Stato lagunare smentisce che la sospensione sia un fulmine a ciel sereno. “È da più di un anno” – spiega il Direttore in carica dallo scorso 2 settembre – “che l’Archivio di Stato cerca di concludere una convenzione con Losanna e che tra vari scambi di mail e lettere ufficiali ancora non si è chiusa”.
La decisione, assicura, è reversibile “al 100%”. Ma dato che le parti hanno siglato soltanto un Memorandum (pre-intesa), valido fino a dicembre 2014, affinché la collaborazione riprenda vanno chiarite alcune questioni “di metodo, giuridiche e scientifiche”. In questi anni, lamenta la nota scritta, l’EPFL ha continuato il lavoro di acquisizione in assenza di obiettivi e di una metodologia di lavoro chiari e condivisi. Avrebbe anche beneficiato di finanziamenti destinatigli in via esclusiva.
“L’EPFL è un istituto prestigioso, l’Archivio di Stato di Venezia è uno dei più grandi e importanti al mondo, c’è tutto l’interesse a collaborare”- prosegue Penzo Doria “Ma se si collabora, non può esserci una direzione unilaterale che impone cosa fare”.
La collaborazione potrà riprendere, da un lato, “secondo la normativa sulla riproduzione delle immagini, che per la Legge italiana non possono essere divulgate senza controllo, ed è una cosa che i colleghi di Losanna sapevano dal 2014 perché hanno sottoscritto il Memorandum”. Dall’altro, l’Archivio rivendica una “parità di dignità scientifica, perché è mancato è l’apporto degli archivisti di Stato”.
Intanto, Frédéric Kaplan è a Venezia, non espressamente per risolvere la crisi ma “perché abbiamo molte attività aperte, in particolare il Forum Art Tech era in corso nei giorni scorsi alla Fondazione Cini”. Nondimeno, “in parallelo, cerchiamo di comprendere e trovare una mediazione per mettersi attorno a un tavolo e discutere dei punti di cui si può ancora discutere”.
L’auspicio è in fondo lo stesso di Gianni Penzo Doria. “Quello che serve è metterci attorno a un tavolo e dialogare anche con gli altri reparti per sfruttare le enormi potenzialità che sono date dalla tecnologia, ma con metodo”.
Perché Venezia
Ma perché Venezia è così importante, per un progetto che coinvolge ormai una ventina di città? Senza dubbio per la sua rilevanza storica, come evidenziava l’Archivio di Stato nella presentazione del progetto. Ma anche perché la Time Machine è nata qui.
“Venezia fa un po’ da esempio” – spiega Kaplan. “Credo che i progetti che si sviluppano ad Amsterdam, Parigi e Budapest, in maniera autonoma, insisto su questo punto, perché c’è una coordinazione europea ma sono i ricercatori che sviluppano la logica di Time Machine nelle diverse città, ebbene questi progetti derivano dalle lezioni, le esperienze e le tecnologie che abbiamo sviluppato a Venezia”.
Anche lo stesso incidente di percorso con l’Archivio di Stato, se sarà risolto, potrà essere utile. “Quando un progetto cresce, non si lavora più necessariamente con le persone che l’hanno sostenuto all’inizio. Come assicurarsi che resista agli avvicendamenti? Come creare delle licenze che vadano bene per tutti i partner europei? Penso che anche da questa esperienza avremo da imparare”.
Marcello Di Meglio