Vogliamo che cessi la guerra e inviamo armi in Ucraina?
Sì del Governo Draghi.
Il Consiglio dei ministri oggi ha approvato il decreto che prevede, tra l’altro, di cedere mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari al governo di Kiev.
Il carico di migliaia di missili, mortai, mitragliatrici e munizioni sarà consegnato direttamente alle autorità ucraine. La Nato si occuperà della logistica: ponte aereo e poi trasferimento terrestre.
Becchi: vogliamo che cessi la guerra e inviamo armi in Ucraina?
Prima però servirà anche il via libera del Parlamento. Il decreto, hanno spiegato da Palazzo Chigi, contiene infatti una “norma abilitante che, dopo una preventiva risoluzione delle Camere, consente al ministro della Difesa di adottare un decreto interministeriale per la cessione” del materiale militare.
E’ nel decreto, o nei decreti, del ministero della Difesa, di concerto con la Farnesina e con il Mef, che sarà definito l’elenco degli equipaggiamenti militari e delle armi da inviare in Ucraina.
Per tutto questo è prevista una “deroga specifica ad alcune disposizioni vigenti”. L’invio potrà avvenire fino al 31 dicembre.
Secondo quanto riferito, le armi che l’Italia dovrebbe mandare in Ucraina sarebbero sistemi anticarro e antiaereo, mitragliatrici leggere e pesanti e mortai.
Si tratta di armi, secondo gli esperti militari, particolarmente utili in un contesto di conflitto ‘urbano’, dove è necessario avere a disposizione armi di facile trasporto e utilizzo.
E’ il caso per esempio dei missili anticarro o degli ‘Stinger’ antiaerei a infrarossi: sono maneggevoli, entrano nel bagagliaio di un’auto e soprattutto non sono molto difficili da usare anche per un civile delle milizie ucraine “ragionevolmente addestrato”.
Il numero degli anticarro e degli ‘Stinger’ dovrebbe essere notevole: almeno nell’ordine delle centinaia.
Migliaia dovrebbero essere invece le mitragliatrici pesanti Browning o le più leggere Mg pronte a finire nelle mani di militari e miliziani ucraini.
Gli aiuti militari decisi oggi dal Governo Draghi vanno ad aggiungersi a quelli già deliberati venerdì scorso, quando Palazzo Chigi aveva approvato un altro decreto che stanziava 174 milioni di euro tra il 2022 e il 2023 per il potenziamento della presenza militare a Est, e che prevedono il rafforzamento delle tre missioni già in atto, quella in Romania, la ‘Baltic Guardian’ in Lettonia e quella nel Mediterraneo Orientale.
Quel provvedimento ha previsto la mobilitazione di 1.350 militari subito fino al 30 settembre e altri 2.000 per eventuali esigenze di rinforzi o per dare il cambio ai primi soldati.
Riguardo alla Romania, sono decollati ieri dalla base di Gioia del Colle (Bari) quattro Eurofighter che vanno a raddoppiare il numero di quelli già presenti nell’area.
In Lituania invece saranno protagonisti gli alpini, mobilitati assieme agli altri corpi italiani d’èlite, come paracadutisti, incursori e lagunari.
Il costo sarà di 154 milioni di euro, ma se l’impegno dovesse proseguire sarà necessario rifinanziare le missioni.
Non è tutto. Grazie a uno stanziamento di 12 milioni di euro saranno inviati a Kiev anche “equipaggiamenti per la protezione individuale e della popolazione civile”. Si tratta di elmetti e giubbotti antiproiettile ma anche dispositivi per individuare mine e altri ordigni esplosivi.
Inoltre, altri 3 milioni di euro sono già stati stanziati per le iniziative di protezione civile: verranno inviate 200 tende da campo per un totale di mille posti letto.