La rassegna degli spettacoli ai parchi di Nervi si è conclusa con il romantico “Werther”, un melologo datato 1791 del compositore torinese Gaetano Pugnani, un genere in cui il testo recitato – e non cantato – è inserito in un contesto musicale.
Pugnani fu il primo ad associare alla musica “I dolori del giovane Werther”, romanzo di Goethe pubblicato nel 1774, pilastro del preromanticismo dello Sturm und Drang e oggetto di discussione e scandalo nell’Europa della seconda metà del 700.
Werther si innamora di Charlotte, fanciulla già fidanzata; non desiste, anche se tra i due nulla succede che possa dargli speranze.
Ma il giovane non si rassegna a vederla maritata, si attacca a questo sentimento che diventa ossessione, che travalica ogni altro pensiero quotidiano, fino ad attuare il suicidio perchè uno dei tre deve sparire e quell’uno vuol essere lui.
L’amoredi Werther invade corpo e mente, annienta ogni aspetto razionale della vita e finisce per annullare la vita stessa.
Un amore follia, anche perchè, in realtà, il nostro non conosce davvero Charlotte, ma ne ha costruito la figura attribuendole qualità idealizzate.
Sul palco, a dirigere l’orchestra del Carlo Felice, il maestro Alvise Casellati, che il pubblico ha applaudito a gennaio ne “Il Barbiere di Siviglia” e lo scorso anno ne “La rondine”; voce recitante il bravo attore Graziano Piazza, che ha effettuato tempo fa una rara incisione discografica del Werther e che si è recentemente visto in TV nei panni dell’ing. Sabatello ne “La rete di protezione” della serie Montalbano.
Il reading è un genere spesso sottovalutato e non facile da comprendere, dove l’attore deve supplire con la sola voce al movimento, all’espressività corporale: arte difficile, che stavolta la musica asseconda e valorizza in pieno, in quanto la forma epistolare del romanzo aiuta la potenzialità del suono di rendere al meglio le emozioni, le esaltazioni, i silenzi. Una musica “imitativa”, dove il commento musicale aderisce perfettamente al testo.
Oltre alla scenografia romantica del luogo, circola una sorta di intesa quasi magica tra Direttore, Attore ed Orchestra: il maestro Casellati dirige con la passione di sempre e senza bacchetta, con i movimenti sinuosi delle sue mani eleganti: la voce recitante sottolinea spesso con i gesti e i cambi di tono repentini, in simbiosi con la musica, ansie, mutamenti d’umore, tormenti del giovane Werther.
Colpiscono soprattutto le melodie bucoliche dell’inizio, l’osservazione delle bellezza della natura il cui fascino fa rabbrividire (e qui già si intuisce l’esasperata ipersensibilità del protagonista).
E ancora impressiona il crescendo impetuoso e suggestivo della musica che accompagna Werther verso la triste e per lui inevitabile soluzione. E come la musica si alleggerisca nel finale e diventi quasi gioiosa nel momento in cui il giovane pare convincersi che si, che anche Charlotte lo ama: la sua disperazione si placa, ma non ne cambia la funesta determinazione. Un colpo di pistola (preannunciato al pubblico per evitare inutili spaventi) chiude la rappresentazione.
Violini e flauti la fanno da padroni, secondo la tradizione settecentesca, all’interno di un’orchestra eccellente, tra cui spicca il primo violino Giovanni Fabris.
Annoto che forse avrei preferito, soprattutto all’inizio, meno stacchi tra la musica e la voce recitante, cioè un sottofondo di musica, magari in sordina, che accompagnasse più spesso l’attore.
Uno spettacolo di sicuro effetto catartico, da rivedere in streaming sul sito del Carlo Felice e, speriamo, presto dal vivo.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Il racconto di un amore malato o l’espressione di un rapporto conflittuale dell’autore con le convenzioni della società? A ben guardare Werther è un po’ in ognuno di noi: chi, da innamorato, non ha conosciuto quel portarsi costantemente in testa, nello svolgersi delle occupazioni giornaliere, la figura sorridente del designato?
L’idealizzazione dell’ essere amato (tipico delle aspirazioni della giovinezza, specie maschile) e il suicidio sono figure predilette del movimento romantico.
Ci si chiede se sia fondata l’idea che la pubblicazione del romanzo di Goethe abbia provocato davvero molte giovani morti per suicidio tra innamorati delusi.
Pare che questa eventualità fosse temuta da personalità come il filosofo Gotthold Lessing, la letterata Madame de Staël e lo stesso Goethe. Perciò a Lipsia, nel 1775, la locale facoltà di teologia chiese di bandire il Werther temendo che potesse favorire il suicidio di giovani afflitti da pene d’amore. L’amministrazione della città bandì il romanzo dal 1775 al 1825. Lo stesso in Italia e in Danimarca.
Un parroco di Milano, si dice, acquistò tutte le copie del libro circolanti in zona, nel timore che i giovani potessero formarsi idee sbagliate sui sentimenti.
Una analisi della letteratura con cui si diffondevano questi allarmi indica una assenza totale di prove empiriche. Le allusioni a vittime dell’eroe di Goethe ci rivelano scarsi contenuti fattuali: i suicidi furono probabilmente limitati e le voci ampliate e centrate sul suicidio di una certa miss Glover, trovata morta nel 1784 con il testo di Goethe sotto al cuscino.
Elisa Prato